La NASpI, che sostituisce la vecchia indennità di disoccupazione, tutela i lavoratori che perdono il loro posto di lavoro per cause indipendenti dalla loro volontà
Il lavoratore quindi ne ha diritto se viene licenziato per motivi soggettivi, come nel caso del licenziamento disciplinare, oltre che per motivi oggettivi riferiti all’azienda. Non ne dovrebbe aver diritto, invece, se si dimette volontariamente.
È sempre così? Non sempre. Infatti il dipendente può ottenere la NASpI quando le dimissioni sono per giusta causa, cioè dovute non a una libera scelta ma a causa di una responsabilità del datore di lavoro.
Ecco alcuni esempi di dimissioni per giusta causa per cui si può ottenere dall’INPS la NASpI: se non viene pagata la retribuzione, nel caso in cui si tratti di più mensilità consecutive, oppure se una lavoratrice madre si dimette nel periodo della maternità e fino al primo anno di vita del bambino, se il dipendente è vittima di molestie sessuali o di mobbing, oppure ancora se l’azienda in cui il dipendente lavora viene ceduta e le sue condizioni di lavoro cambiano radicalmente.
In tutti questi casi si può ottenere la NASpI, ma l’INPS richiederà che il lavoratore dimostri anche documentalmente (ad esempio con diffide, ingiunzioni di pagamento o ricorsi) di avere contestato i comportamenti illeciti posti in essere dal datore di lavoro. Nel caso in cui, in un successivo giudizio, non dovesse essere dimostrata la giusta causa, L’INPS richiederà indietro la NASpI al lavoratore che ne avrà ingiustamente usufruito.
Ultima precisazione: anche le dimissioni per giusta causa vanno rese con la procedura telematica attraverso il sito dell’INPS, servendosi del proprio PIN o del supporto di intermediari abilitati.